Ma c'è ancora qualcosa da fare. Non può essere vero tutto quello che sta succedendo, ma è così.
Tanto tempo passato ad odiare una persona può finire semplicemente così? Vedi questa persona stare male, e ti senti triste tu?
Tempo fa, sei sicuro, avresti pagato per vedere questa persona soffrire. Avevi anche pensato a centinaia di modi per farle del male tu stesso.
Non eri mai riuscito a realizzare alcuno di quei piani, ma non ci avevi mai fatto caso. Mai avevi pensato al fatto che eri stato in grado di distruggere la tua migliore amica, smontando tassello per tassello la sua vita, togliendole ogni cosa, ma a lei, odiandola, non eri stato in grado di torcere un capello. E forse le avevi augurato anche del bene.
Ora ti senti strano.
Non sai cosa muove la tua mente, sai solo che sta viaggiando a velocità spaventose, ripassando i sette mesi trascorsi insieme nel giro di pochi minuti. Cose belle, cose brutte, cose molto brutte.
Tutto davanti ai tuoi occhi in un momento in cui ti senti mancare. Sei seduto, ma le braccia sono pesanti e la testa è china. Non hai la forza di muovere un solo muscolo, tutte le tue energie sono focalizzate nella visualizzazione di immagini che stai avendo.
Vedi sempre con maggior nitidezza i momenti più importanti. Il primo bacio, la prima uscita, il primo risveglio felice, il primo giorno sempre insieme, la prima volta, la prima lacrima di felicità, e a seguire l'ultimo bacio, l'ultimo abbraccio, l'ultima litigata, l'ultimo saluto, l'ultimo messaggio. Mai un addio formale, solo un addio pratico. Nessun ulteriore messaggio, mai più rivisti, mai più scritti.
Ci ha pensato ancora tanto a Lei, ma la mente è il TUO campo di gioco, e TU detti leggi. Sei riuscito, col tempo, a limitare le zone a cui Lei poteva accedere. Da occupare ogni neurone e ogni pensiero, piano piano, la hai confinata nella zona oscura del tuo cervello destinato alle persone da dimenticare.
Da piccolo eri convinto che le persone da dimenticare il cervello le confinasse vicino alla bocca, e ogni volta che starnutivi, ti dimenticavi di una persona, perché il cervello espelleva le sue informazioni tramite lo starnuto.
Ora sai che non è così, ma l'immagine funziona, il concetto pure.
Trentacinque minuti alla sua partenza.
Ma c'è ancora quella cosa da fare.
Quella cosa che non c'è mai stata e di cui hai bisogno. Ne hai bisogno perché sai di essere una persona che abbisogna di certe cose.
L'addio di persona.
Nella tua storia, di persone ne hai avute tante, e quello dell'addio è quasi un rituale standard ormai.
Di persona, guardandosi negli occhi, una semplice frase.
"Grazie di tutto. Finché è durato, è stato bello. Addio."
Molto sentimentale, molto scenico. Ma definitivo. Nessuna parola aveva mai preso voce dopo l'addio. Addio, fine.
Con Lei non c'è stato. Non ce n'è mai stata l'occasione.
Trenta minuti alla sua partenza.
Lei sta per partire, e tu ti alzi. Devi finire di sistemare la stanza. E' da tre giorni che sei in ballo con questa sistemazione. Hai voluto spostare i mobili di camera tua, e sei confinato qua dentro a riordinare tutto. Hai anche avuto paura di non riuscire a raggiungere la porta di camera tua, nei vari giorni, per la troppa roba in disordine.
Stereo acceso, ma non fai troppo caso alla musica. I tuoi pensieri sono più forti, più martellanti, più cattivi nei tuoi confronti.
Preferisci un rimpianto o un rimorso?
Venticinque minuti alla sua partenza.
Se è puntuale, ormai non faresti in tempo a raggiungerla, se questo ti sta suggerendo il tuo cervello. E se anche ci riuscissi, cosa potresti fare? Cosa Vorresti fare? Cosa farebbe Lei?
Tiziano Ferro in playlist. Parte la sua canzone, e cerchi di cantare per distrarti. E' incredibile come mentre le mani sono impegnate a recuperare le puntine da disegno ad una ad una, facendo attenzione a non pungersi, mentre le orecchie sono occupate ad ascoltare alti e bassi della canzone, mentre la voce è impiegata per seguire gli stessi alti e bassi di prima, la mente sia ancora libera e in grado di imporsi con tanto vigore.
Venti minuti alla sua partenza.
Finiscono le puntine, con sollievo dei tuoi polpastrelli. Li raccogli in un contenitore apposta, e guardi i vestiti in terra. Devi raccogliere quelli, ora. Se non altro, non fanno male.
La catasta di roba sulla moquette è impressionante, ma sta calando gradualmente. Potrebbe quasi scomparire nel giro di pochi giorni, se continui di buona lena. Ti fa sorridere pensare che nei film americani si riesce a mettere la propria vita in una scatola, e tu hai una stanza con un metro di roba da sistemare.
Lei.
Eri riuscito a non pensare a lei, e ora ti torna in mente.
Continui a sistemare, stai raccogliendo tutti i vestiti e te ne capita per le mani uno. Un maglione, nero, collo alto. Al tempo, ricordi, ti aveva detto che le piaceva molto quel capo. Lo lanci sul resto dei vestiti. Non devi pensarci.
Ma non sei capace. Lo riprendi. Lo fissi per del tempo che non sei in grado di misurare.
Tu no, l'orologio si.
Quindici minuti alla sua partenza.
Altra canzone alla radio. Altro genere. Hallelujah. Non è la canzona adatta al momento, ma hai impostato la riproduzione casuale e tra 1184 brani è arrivata questa. Continui il tuo lavoro. Continua la canzone.
Dieci minuti alla sua partenza.
Alla radio finisce la canzone. Ne inizia un'altra nella riproduzione casuale.
E' quella. La nostra canzone. Favola.
Non ti serve altro. Chiudi gli occhi, infili le scarpe. Prendi le chiavi. Nel giro di trenta secondi hai già fatto le scale e salutato tutti avvisando che stai uscendo. Sei fuori dal cancello. Sei già in macchina. La velocità con cui stai eseguendo queste operazioni è forse superiore a quella con cui stai ragionando. Senti nella tua mente che i neuroni sbattono tra loro a velocità impressionanti e non sei più in grado di ragionare.
Nove minuti alla sua partenza.
Mentre arrivi a questo pensiero, sei già al primo Stop. Destra, 200 metri e curva a sinistra. Altri 500 metri. Rotonda. Destra. 700 metri, sinistra.
Otto minuti alla sua partenza.
Sei davanti alla chiesa. Hai bisogno di ragionare, ma la velocità con cui stai guidando non te lo permette. Sei in quarta e stai affrontando una curva che solitamente si affronta in seconda. Sei ai 70 km/h, normalmente si fa ai 15. Ma hai fretta, sei agitato, sei nervoso, non ragioni. E allora schiacci.
Serie di curve, rotonda e vai dritto. Arrivi allo stop, destra e sinistra subito. Semaforo, ancora dritto. Ora hai 2 chilometri circa per ragionare. Guardi l'orologio.
Sette minuti alla sua partenza.
Schiacci ancora più sull'accelleratore, pur sapendo che il prossimo semaforo è a rilevazione di velocità. Non ti importa, ora, e anche se lo vedi Giallo e SAI che sta aspettando che ti avvicini alla riga bianca per diventare rosso, accelleri ancora. Lo prendi rosso, in pieno. Finisci la strada, arrivi alla rotonda. Sinistra. Altri 3 chilometri per pensare. Sempre dritto oltre le due rotonde e il semaforo.
Sei minuti alla sua partenza.
Hai almeno quei dieci secondi che ti permettono di ragionare e ti fai una semplice domanda. Cosa stai facendo? Non hai il tempo per darti una risposta.
Destra, 300 metri, sinistra. Altri 400 metri, semaforo, destra.
Cinque minuti alla sua partenza.
Strada dritta, in linea d'aria mancano 4 chilometri a casa sua, ma per la conformazione della strada e il traffico solito, sono una decina di minuti. Tu non li hai. Schiacci.
Inizi a vedere le prime luci rosse delle macchine viste da dietro, ma non sono tante come temevi.
Quattro minuti alla sua partenza.
Sorpassi quattro macchine ferme, non capisci perché erano ferme, finché non guardi verso l'alto. Lo capisci troppo tardi, non puoi fermarti. Erano ferme in attesa che il semaforo divenisse verde.
Tu sei in mezzo all'incrocio, ringrazi le divinità di tutte le religioni esistenti per non aver trovato macchine che venissero in perpendicolare alla tua strada. Altrimenti saresti morto.
Tre minuti alla sua partenza.
Altro semaforo. Rosso. Stavolta DEVI fermarti.
Due minuti alla sua partenza.
Ancora dritto, arrivi ad un'altra rotonda, e ci sono le macchine lì, ferme.
Un minuto alla sua partenza.
Ti sporgi a sinistra per vedere chi hai davanti. Solo un trattore e due macchine, puoi superarle.
Le superi, accetti di buon grado le ulteriori bestemmie che stai ricevendo. Svolti a sinistra. Ancora un chilometro.
E zero minuti alla sua partenza. Prendi il cellulare. Apri lo sportello, crea nuovo messaggio.
"Non sei ancora partita. Dimmi che non sei ancora partita."
Inviato. Manca un minuto e sei davanti a casa sua, nel cortile in cui a suo tempo, tante volte la avevi aspettata.
Arrivi e parcheggi con una manovra che farebbe rabbrividire il miglior pilota di formula Uno.
Non hai ricevuto risposta, mandi un altro messaggio.
"Se... Vuoi, esci. Se sei ancora a casa."
Ora, non puoi fare altro. Devi aspettare. E aspettare ti fa capire di avere tempo. E avere tempo, ti fa ragionare.
Cosa stai facendo?
Perché lo stai facendo?
Cosa vuoi ottenere?
Non trovi una risposta a nessuna di queste domande. Inizi a premere sulla chiave per azionare il motorino di avviamento. Lentamente. Non sei sicuro di voler far partire la macchina che hai spento.
Parte.
La spengi.
Vuoi restare qua.
Ma non ne sei sicuro, ritorni a premere sulla chiave.
La macchina si accende.
La spengi, ancora.
Continui questa fase di incertezza per un tempo che esternamente sarà stato infinito, ma dentro di te è velocissimo. Non sai deciderti se aspettare che esca o andartene. Poi un messaggio al cellulare.
"Ci guardiamo e basta?"
E' Lei. Anche se non capisci cosa vuol dire, ti viene istintivo guardare verso la finestra di casa sua, e nel farlo capisci tutto. Lei è fuori che ti guarda. Probabilmente ha visto la scena. Che figura di merda.
Non era proprio così che volevi iniziare l'incontro, partendo da una figura di merda.
Sai che devi cercare di motivare il tuo atteggiamento convulso, quindi inizi a parlare.
"Stavo decidendo se ripartire e andarmene o meno. Non so perché sono qua. Non ne ho idea."
Lei sorride. Perché?
"Perché sorridi?"
"Non posso sorridere?
"No"
Pausa di silenzio. Giusto il tempo di riprendermi. Tanto, sa che scherzavo.
Andrea, riprenditi. La mia mente urla questo al mio corpo e alla mia voce, che non si fanno comandare.
"Non so perché sono qua. Non lo so, ho solo avuto bisogno di venire."
"Hai fatto bene."
"Non credo. Sai che è realmente un casino che io sia qua?"
"No, non lo so."
"Te lo sto dicendo, ora lo sai. Non dovrei essere qua."
"Ok."
Silenzio.
"Quando tornerai in Italia?"
Perché lo vuoi sapere? Meglio non chiederselo.
"Il 18."
"Oggi è il 17, parti oggi e torni domani?"
Sai che non è così ma non hai di meglio da dire e hai bisogno di parlare. Infondo quello è il TUO vantaggio.
"18 Dicembre. Torno per festeggiare qua il Natale, poi torno forse a Febbraio e poi se riesco non tonerò più."
Ti fa male sentire la felicità con cui dice di non tornare più.
"Sei felice di stare lì allora?"
"Almeno non vedo alcune persone."
"Come hai fatto a litigarci in poche ore che sei stata con loro!?"
"Storia lunga."
Dieci minuti di ritardo dalla sua partenza.
"Ma tu non devi partire?"
"Adesso devo andare... Appena mi chiamano. Tanto mio padre sarà ancora in bagno suppongo."
"Perfida."
Fine dei ragionamenti. Sta partendo, io devo tornare a casa. Inizio a sentire il freddo di essere uscito solo con un maglioncino leggero.
Ora devi tirare fuori il vero motivo per cui sei in quella situazione. L'addio finale. L'ultimo saluto per chiudere quel capito ancora aperto, anche se solo attraverso poche parole in altre pagine.
Le vibra il telefono.
"Ora devo davvero andare, mi stanno chiamando."
Ultimo saluto. Un abbraccio, tre baci sulla guancia. Le mani dell'abbraccio che non vogliono staccarsi. Neanche le sue.
Lei è davanti a me, ancora nel mio abbraccio, che si protrende indietro. La guardi negli occhi. Il cervello probabilmente è fermo. E' da altre parti.
"Posso fare una cosa per cui mi odierai a vita?"
"Si."
Chiudi gli occhi, e la baci.
Lei non si sposta, non se ne va. E' un bacio lungo.
La tua mente ti ordina di spostarla, e prenderti a schiaffi da solo. Non lo fai. Il corpo vuole che quel bacio non finisca mai. Continui a baciarla, e la mente si arrende. Ora vince il corpo. La stringi a te in un abbraccio che non dimenticherai mai. Non vuoi più che parta.
Ti stacchi un secondo, solo per sussurrarle una frase.
"Tu devi partire... Io ho tanto tempo, tu no."
Vuoi che sia lei a staccarsi, sarebbe molto più facile. Ma le vostre labbra tornano a toccarsi. Un ultimo bacio. Stacchi le tue mani, le lasci cadere lungo i tuoi fianchi. Appena se ne vorrà andare, potrà farlo. Ma lei non lo fa.
Vibra ancora il telefono. Stavolta è definitivo. Vi staccate. Non una parola. Apri la portiera della macchina. Sali su. Lei è già rientrata in casa.
Affronti la prima curva, e il cervello si impone su tutto il resto. Accosti.
Cos'ho fatto?
Perché l'ho fatto?
Hai la testa posata sulle mani, sostenute dalla portiera.
Piangi.
Apri il cellulare. Crea nuovo messaggio.
"Scusa"
Invii.
Ingrani la prima. Torni a casa.
-liberamente tratto-
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